La luna sul fuoco di Giovanni Pulci (Robin)

di Gian Luca Guillaume

Secondo tempo di un’opera cominciata tempo prima con Il mondo nei miei occhi, La Luna sul fuoco è il giungere alla meta e al compimento di una storia personale e corale.

Diviso in due parti ben distinte nella forma, ma eguali nella sostanza, il libro procede a ritroso, prima attraverso dei racconti, un insieme di frammenti di ricordi, gocce di memoria di una Sicilia d’antan, a cominciare dal racconto d’apertura, Arrivano i Garibaldini, novella storica datata Milleottocentosessanta in quel di Caltanissetta. Seguono nell’ordine: Coraggiosi per caso, storia di amici e sogni infranti, Il fortino di canne, racconto di giuochi d’infanzia, Il profumo della vigna, storia di vendemmia e di vita agreste, Sotto il cielo di Roma, ricostruzione storica delle contestazioni e degli anni di piombo (caso Moro), Un clarinetto in trincea, frammento di storia collettiva e personale (dedicato al padre
dell’autore, ivi presenti alcuni ritratti dell’epoca) nella Seconda guerra mondiale, Un appuntamento da dimenticare, storia di uno scambio di persona e di uno scippo muliebre, Metropolis, ricordo di un incontro amoroso, Un tesoro inaspettato, ricordo di un compagno di scuola, Indietro di un quarto, storia di un vecchio orologiaio, La magara, storia di streghe e superstizioni, Il volo dei gabbiani, reminiscenza di un viaggio in Spagna, Sognando la libertà, descrizione di uno sfogo liberatorio, Il postino dell’Oltrepò, storia di un postino delle valli d’Oltrepò, L’ombra del male, storia di una triste vendetta, Breve cronaca e biografia di un poliziotto, storia vera di Joe Petrosino, pioniere nella lotta contro la criminalità organizzata, Una notte speciale, racconto sulla nascita del Messia.

La seconda parte del libro è composta di poesie che riprendono le tematiche dei racconti, un miscuglio di nostalgia (Ricordo ancor quel posto raro / teste dei miei anni d’innocenza. / Rifugio ormai remoto e assai sbiadito / di un tempo, che tanto mi fu caro), di malinconia (Sorde campane /immote, / sopra assenti palme festose / mutate da un moderno miscuglio / spinto da un vento forzato. / Della zagara l’odor resterà / sul nostalgico suolo / che memoria giammai lascerà), di speranza (Non so tra quei fondali / cos’avverrà domani. / Un veleno scorre in piena. / Ma so ch’è in vita la speranza / per sciogliere al futuro i polsi / e rendere alla poesia le ali), di timore dell’avvenire (Infanzia cresciuta con gli inganni / a stento arriveranno ad esser padri, / d’anagrafe minuta ed impietosa / ma grandi per sventura e per affanni), di riflessione sulla vita e sulla morte (Non trovo più parole amico mio / di morte e di sconforto rassegnato, / fingere non posso ancor per molto / ingannando con menzogne la realtà / illuso ed aggrappato alla speranza / bramando di quell’alba il dì risorto).

In appendice si trovano delle poesie in dialetto siciliano, poste apposta in chiusura, come a ribadire l’amore sconfinato dell’autore verso la Sicilia. Peccato manchi la traduzione a fronte delle poesie dialettali.

È un libro, questo, fondamentalmente elegiaco e terso, chiaro e poco annuvolato, tutto intento a raccontare e a tessere pezzi di un mosaico che vale una vita intera, ove ogni frammento equivale a uno scorcio di vita vissuta e metabolizzata, restituita al lettore come strumento di riflessione di un futuro fosco e incerto.

Lascia un commento