Per questa festa della donna, L’Alcova Letteraria vi vuole regalare una mimosa speciale.
Auguri a tutte le donne! Oggi noi de L’Alcova Letteraria vorremmo festeggiare in modo diverso.
Non vogliamo staccare della mimosa, mettervi al centro dell’universo oggi, per poi dimenticarvi, cancellarvi, sostituirvi domani, come ne Il ritratto senza testa della Borgese. No, noi vogliamo omaggiarvi con qualcosa di diverso, con un raccontino di Ada Negri, perché è di letteratura che a noi de L’Alcova Letteraria piace parlare.
Perciò, questa brevissima novella della rinomata penna nostrana è dedicata a tutte le donne, alle donne forti come le donne create dalla penna della Messina e della Guglielminetti, alle donne misericordiose come quelle della Percoto, alle donne indipendenti come quelle della Serao, a quelle combattive della Marchesa Colombi: a tutte le donne. Ora vi lasciamo in compagnia di Ada Negri, buona lettura!
DONNA ALLA FINESTRA
di Ada Negri
A una finestrella della casetta del campanaro, che s’appoggia alla Torre di Città, di fianco al Duomo, una donna giovine rammenda calze. La finestrella è bassa, al livello d’un mezzanino. Altre calze appena lavate son distese ad asciugare a una corda che va, nell’interno, da un lato all’altro della finestra. Certo, lí c’era un’inferriata al posto dell’intelaiatura a vetri; e, se ancóra vi fosse, vi starebbe meglio, dato l’insieme. Fra la mole quadra, massiccia, pesante dell’antichissima torre e quella grandiosa del Duomo che, con la severità della facciata, il bianco contrasto delle due logge a colonnine sul bruno fosco della pietra, il fastigio del cupolone, schiaccia quanto si trova dintorno, la donna del popolo agucchiante alla finestra appare come un’umile cosa, un niente umano perduto fra secolare immobilità d’architetture. Ma, in lei, che grazia! S’indovina, dalla piccolezza delle calze messe ad asciugare, un bambino nella casa: un tombolotto che forse sta facendo la siesta, o gioca co’ suoi balocchi.
La donna è bella, con trecce nere ravvolte sulla nuca, un profilo sereno chino sul rammendo. Non la intimidiscono per nulla i due monumenti pieni di storia che la serrano in mezzo, guardandola dall’alto. Effimera, compie lietamente il lavoro che lega con semplici atti la sua vita breve alle cose eterne.
Dietro il fianco sinistro della cattedrale, dove son collocati i ponti d’assi per le opere di restauro, un’altra popolana fa trastullare il proprio piccino, reggendolo a camminare, coi pieducci nudi, sulle tavole traballanti. Il piccino strilla di contentezza: qualche manovale, lí presso, ci si diverte: la madre, china su di lui, ride e lo incita. Non può, da quel punto, vedere l’altra che sta a rammendar calze alla finestra, fra torre e cattedrale. Ma sono, entrambe, figure vive dello stesso fregio: rappresentano la stessa ignara forza trasmettitrice di vita.