Frammenti di Dario Rea (Elison)

Recensione di Francesca Mari

“ La morte non li logora e non li imbruttisce, a questo ci pensa già la vita”.

La vita degli uomini è gestita da due forze universali: Vita e Morte; una figura necessaria per garantire dialogo tra le due parti è il traghettatore che assiste l’uomo alla fine della sua esistenza e dopo di essa, per portarlo in una dimensione parallela nota comunemente come “oltretomba”.

Si sviluppa così la trama: il traghettatore incontra ogni giorno anime diverse con cui condivide pensieri, frammenti di vita e ricordi. Il romanzo è un intreccio di racconti di cui il lettore diventa partecipe e protagonista.

L’autore mira a sconvolgere le certezze del lettore, porre nuove domande, fornire nuove prospettive su temi importanti come l’amicizia, l’amore, la morte. Lo scopo del libro è trovare se stessi ascoltando le storie di chi ha compreso la vita e il suo fine ultimo, il lettore deve trovare risposte a quelle domande, deve dare un senso a ciò che senso apparentemente non ha.

Questo grande obiettivo è raggiunto tramite diverse tecniche come l’uso di continui flashback che, oltre ad arricchire l’opera, hanno anche il compito di orientare il lettore verso la consapevolezza, perciò si passa dal 1796, anno della Rivoluzione francese, a un periodo più presente come il 2012, per poi arrivare nel futuro prossimo come il 2040.

Il libro stravolge il comune modo di pensare delle persone: spesso la morte è vista come sinonimo di distruzione, un periodo tragico per l’esistenza dell’uomo in cui tutto finisce, termina ogni amore, passione, relazione con se stessi e il mondo, un capitolo buio senza uscita. La vita, invece, è sinonimo di felicità, pace, tranquillità, è la madre che insegna all’uomo come vivere, quali scelte compiere, come entrare nel mondo. La vita viene vista come un dolce soffio di vento che muove un po’ i capelli, cambia l’ordine delle cose provocando caos, ma che alla fine dà un senso a tutto, e tutto torna com’era prima.

Durante la lettura di questo romanzo il lettore si pone diverse domande: e se la vita fosse la reale sofferenza dell’uomo? E se la morte fosse solo pace e ordine invece di caos come si è soliti credere? Conosciamo abbastanza la morte e la vita per poter giudicare?

Ho provato a trovare delle risposte a queste domande e mi sono ritrovata a definire la morte come “silenzio”, un momento di pace del ciclo di vita dell’uomo, quello in cui si schiaccia “pausa” e il mondo si ferma, ogni ricordo, ogni problema tace, tutto assume lo stesso colore, lo stesso suono, lo stesso spazio e finalmente si può riflettere, ascoltare e smettere di agire. La morte è una possibilità offerta all’uomo per stare con sé stesso, divide l’anima dal corpo e lascia la prima libera di studiare e chiedersi se dopo tutte le sofferenze provate ne è valsa davvero la pena.

Tornando alla frase iniziale direi che la morte non distrugge l’animo umano, anzi lo purifica da tutte le sue insicurezze, da tutti i tormenti inflitti dalla vita e lo rende abitabile, finalmente una casa dove vivere in pace con se stessi e il mondo. La morte dovrebbe essere vista con meno paura, dovremmo essere più sereni sia nei confronti della vita, sia verso la morte stessa, perché sono solo due momenti importanti necessari per il nostro compimento finale.

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Francesca Mari

Nata nel 2003 a Genova, studia presso la facoltà di lettere moderne, ha frequentato il liceo linguistico. Ama leggere e scrivere, ha aperto nel 2020 un profilo Instagram dove pubblica quotidianamente le sue poesie: @frapoetry. I suoi scritti sono stati pubblicati in varie antologie e riviste letterarie.

https://www.instagram.com/frapoetry/

1 commento su “Frammenti di Dario Rea (Elison)”

  1. Un’abbraccio superiore alla realtà, con cuore, rispecchia a pieno la trama di un tradizionale ciclo della Vita, quotidiana, di un qualsiasi individuo. Non specificare significa rendere il proprio contro corrente uguale per tutti.

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